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La crescita degli eSport, tra simulatori sportivi e non

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Nel quadro della crescita del settore videoludico, protagonista di una dirompente rivalutazione a tutto tondo negli ultimi anni, ci si è a lungo interrogati circa l’assimilabilità del videogaming ad attività sportiva o meno. Un interrogativo ormai risolto, in maniera pressoché unanimemente pacifica, in senso positivo: oggi pochissimi contestano il fatto che il videogaming competitivo possa essere considerato uno sport, e per lo stesso è stato non a caso coniato il termine eSport. In questo traguardo molto peso hanno avuto le pressioni che, infine, hanno fatto breccia nel massimo organismo sportivo mondiale, quel Comitato Olimpico Internazionale che presiede l’organizzazione dei Giochi Olimpici: già a Tokyo 2020 si erano tenute le Olympic Virtual Series, che avevano tra l’altro visto l’affermazione dell’italiano Valerio Gallo, ma il prossimo giugno si terrà a Singapore la prima edizione delle Olympic Esport Series, che in molti hanno già ribattezzato le prime olimpiadi di videogiochi.

Proprio quest’ultimo appuntamento, se da un lato è stato salutato come il più importante traguardo raggiunto nel percorso di ufficializzazione degli eSport, dall’altro ha infiammato una mai sopita polemica: quella riguardo quali videogiochi considerare eSport. Pacificamente ottenuto il riconoscimento di un determinato approccio videoludico come attività sportiva, insomma, le resistenze sembrerebbero essere solo moderatamente arretrate: in tal senso, queste contesterebbero il fatto che solo alcuni generi videoludici potrebbero essere considerati sportivi, e nello specifico, ovviamente, solo quelli che simulano un’attività sportiva. Insomma: un torneo competitivo di FIFA o Gran Turismo meriterebbe l’etichetta “ufficiale” di eSport, mentre uno di DOTA2 o di League of Legends no. Una ritrosia, purtroppo, rinnovata proprio dalle prossime Olympic Esport Series, in seno alle quali si competerà su titoli sportivi: simulatori dei più diversi generi, dagli scacchi alla guida passando per ciclismo, vela e baseball, tutti accomunati dall’essere videogiochi basati su attività sportive.

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La prima osservazione da fare è che, banalmente, tali resistenze non tengono conto delle profonde similitudini tra lo sport tradizionale e il videogaming sportivo. Gli eSport sono competizioni videoludiche che non si limitano a uno specifico genere, ma anzi sono trasversali e comprendono potenzialmente qualsiasi videogioco purché giocato, appunto, in maniera competitiva. Partendo da tale presupposto, le similitudini tra lo sport e un approccio competitivo al videogioco sono lampanti: preparazione mentale, studio, allenamento e persino una corretta alimentazione sono essenziali per prestazioni vincenti tanto nello sport quanto nel videogaming competitivo, realizzando un parallelo che non può essere ignorato.

Inoltre, le resistenze nei confronti di alcuni videogiochi somigliano alle resistenze che, tradizionalmente, hanno accompagnato i più diversi ambiti sportivi. Si pensi agli sport motoristici, con i piloti che a lungo sono stati considerati atleti di sec

ondo piano rispetto agli sportivi di discipline più fisiche, e questo nonostante la preparazione fisica di un pilota di MotoGP o Formula Uno sia particolarmente impegnativa. O anche al poker sportivo, a lungo considerato al massimo un semplice intrattenimento ma oggi protagonista soprattutto in rete. L’offerta di poker, tra l’altro, nell’approdare online si è differenziata esponenzialmente: non solo nei siti dedicati sono incluse numerose varianti, ma in apposite sezioni sono raccolti contenuti divulgativi, interviste, news e persino consigli di lifestyle che compongono un quadro di informazione a tutto tondo. Per non parlare delle occasioni nelle quali un passo importante nella “qualifica” di sport viene fatta proprio dal CIO: basti pensare all’inclusione dello skateboard e dell’arrampicata tra le discipline olimpiche di Tokyo 2020. In proposito, soprattutto la prima a lungo è stata considerata al massimo un’attività ludica o ricreativa: un parallelo a dir poco significativo con il videogaming sportivo.

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Infine, la crescita del videogaming competitivo è stata e continua a essere troppo rilevante per poter essere presa sottogamba, e diventa impossibile liquidare in maniera sbrigativa e semplicistica qualsiasi questione a essa connessa. I tornei di eSport rappresentano eventi in grado di mettere in moto numeri impressionanti: basti pensare agli spettatori che hanno seguito il Mondiale di Fortnite del 2019, o al montepremi messo annualmente in palio per The International, il più importante evento competitivo di DOTA2: due titoli che, secondo i detrattori, ben poco avrebbero a che spartire con lo sport e, per conseguenza, non meriterebbero l’etichetta di eSport. Ci sarebbe da chiedersi, al contrario, se lo sport tradizionale possa permettersi di snobbare manifestazioni tanto partecipate che, proprio per il loro particolare approccio al videogioco, tanti profili condividono con l’attività sportiva.

Insomma, quella di fronte agli eSport è una strada ancora lunga nonostante le recenti conquiste. Allo stesso tempo, sono numerosi gli elementi che possono lasciare ottimisti circa l’abbandono di ogni resistenza, in un futuro più o meno prossimo, alla piena considerazione degli eSport e del videogaming competitivo come attività sportiva.

Giuseppe Barbagallo

Scritto da Giuseppe Barbagallo

SEO Specialist e Web Designer, esperto in tecniche di Link Building e Digital Advertising. Da sempre appassionato di informatica, programmazione e tecnologia. Founder della Web Agency Good Working.

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